Il 21 giugno scorso la Conferenza internazionale del lavoro ha adottato a larghissima maggioranza (439 voti favorevoli, 7 contrari e 30 astensioni) una nuova Convenzione e una Raccomandazione per combattere la violenza e le molestie sul lavoro – con esplicito riferimento alla violenza di genere e alle molestie sessuali. E’ un evento di enorme portata, in particolare per tutte le persone che subiscono discriminazioni e molestie sulla base del genere nel mondo del lavoro in Paesi che non si sono ancora dotati di normative e politiche adeguate.
Congedi allungati, contributi per il nido, smart working. Le imprese iniziano a incentivare i padri lavoratori a occuparsi dei figli. Una piccola grande rivoluzione che può facilitare la vita (e la carriera) delle madri, abbattere i tabù sulla conciliazione casa-ufficio. Ed essere anche un buon investimento. Dici conciliazione lavoro-famiglia e subito pensi alle donne. Perché l’equilibrio tra gli impegni professionali e la cura di casa e figli è da sempre considerato una competenza, e un’incombenza, femminile. Ma spesso ha pesanti ricadute sulle scelte di vita: da un lato, secondo l’Ispettorato nazionale del lavoro, l’anno scorso 35.963 mamme hanno dato le dimissioni per dedicarsi alla famiglia; dall’altro, ci sono tante lavoratrici, non rilevate dalle statistiche, che devono rinunciare alla maternità perché dello stipendio non possono fare a meno.
Il nuovo avviso #Conciliamo”, misura del Dipartimento per le politiche della Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri è volto a sostenere la realizzazione di progetti di welfare aziendale che consentano ai datori di lavoro di sviluppare azioni in favore dei propri dipendenti venendo incontro ai loro bisogni e a quelli delle loro famiglie. Tra gli obiettivi del bando vi sono il rilancio demografico, l’incremento dell’occupazione femminile, il riequilibrio dei carichi di lavoro fra uomini e donne, il contrasto all’abbandono degli anziani, sostegno alle famiglie con disabilità, tutela della salute.
La persona al centro. “I lavoratori sono la nostra principale risorsa” premette Tomaso Tommasi di Vignano, presidente esecutivo del Gruppo Hera. Per la multiutiity non è uno slogan. “I nostri dipendenti – osserva Tommasi – contribuiscono ogni giorno ai risultati in costante crescita dell’azienda”. Ecco perchè il gruppo “continuerà investire in un ambito strategico come le risorse umane”. Dei 9mila dipendenti complessivi, il 96,2% può contare su un contratto a tempo indeterminato e nl 2018 sono state assunte 460 persone.
Bando per la presentazione di progetti volti a sostenere la presenza paritaria delle donne nella vita economica del territorio, favorendo l’accesso al lavoro, i percorsi di carriera e la promozione di progetti di welfare aziendale finalizzati al work-life balance e al miglioramento della qualità della vita delle persone.
Il bando mette a disposizione un milione di euro per progetti a carattere biennale finalizzati a:realizzare iniziative che si prefiggano di intervenire, in modo diretto o indiretto, in favore dell’accesso e qualificazione dell’attività lavorativa delle donne (dipendente, autonoma, imprenditoriale o professionale), perseguendo, in particolare, le finalità specifiche di favorire la riduzione del differenziale salariale di genere e la diffusione della cultura di impresa tra le donne e di rafforzare il ruolo delle donne nell’economia e nella società; promuovere ed incrementare progetti di welfare aziendale e welfare di comunità che migliorino una organizzazione del lavoro e incidano favorevolmente sulla qualità della vita delle persone, in coerenza con gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’AGENDA 2030.
Si chiama “Da donna a donna” ed è una piccola guida ai servizi del territorio per giovani donne pensato da giovani donne. L’opuscolo, presentato ieri mattina, è stato realizzato nell’ambito del progetto “Tratti di Donna”, progetto coordinato dall’associazione l’Aquilone di Iqbal. “Tratti di donna” ha spiegato l’assessore Francesca Lucchi «È un progetto che offre alle ragazze la possibilità di confrontarsi a tutto tondo sull’essere donna. La pubblicazione di questo opuscolo arriva alla conclusione del secondo anno di attività. La prima fase del progetto, avviato nel 2016, era stata caratterizzata dal ragionamento attorno agli stereotipi di genere e aveva portato alla realizzazione di tre video, mentre la seconda fase si era conclusa con l’iniziativa “Giù dai tacchi”». «Questo opuscolo è il frutto di un lavoro di meditazione sui problemi delle giovani donne – spiega Keltoum Kamal Idrissi, una delle ragazze del progetto – e nasce dalla volontà di provare ad offrire anche una soluzione a questi problemi».
“Oggi la donna è indipendente, lavora, e per questo non fa più figli”. Falso, oltre che offensivo. Una nota di Istat resa nota in questi giorni mostra che in dieci anni la quota di coppie (con o senza figli, dove lei ha fra i 25 e i 64 anni) dove entrambe le persone lavorano è passata dal 40% al 44% del totale. Una crescita insignificante, addirittura nulla al sud, dove il 26% delle donne in coppia ha un lavoro, anche se non è detto che questo basti comunque per essere indipendente. Non che altrove le cose vadano molto meglio: oggi è occupato il 55% delle donne in coppia al nord e il 50% di quelle che vivono nel centro Italia. L’incidenza e? ancora piu? bassa in quelle, specie nel Mezzogiorno, in cui la donna ha conseguito un titolo di studio basso e nelle coppie con due o piu? figli.
Flessibilità oraria, lavoro agile e telelavoro sono pratiche diffuse ormai da decenni in Finlandia. A evidenziarlo è un recente articolo pubblicato sul sito internet della BBC. Nel contributo si spiega che – oltre all’influenza della cultura scandinava – la diffusione di tali interventi di livello aziendale è stata favorita dal Working Hours Act, Legge del 1996 che ha introdotto la possibilità per l’azienda di prevedere delle “finestre” di entrata e uscita flessibili. Nell’articolo si sottolinea come – secondo una recente ricerca – circa il 92% delle imprese in Finlandia offra la possibilità ai propri dipendenti di organizzare in maniera autonoma e flessibile la giornata lavorativa.
Tra il 1911 e il 1915, nel piccolo paese di Traversetolo vicino a Parma, nascono tre piccole donne destinate a scrivere la storia della moda italiana: Zoe, Micol e Giovanna che il mondo, molti anni dopo, imparerà a chiamare come le Sorelle Fontana. Giovanissime, imparano le prime armi del mestiere nella sartoria materna ed è Zoe, la maggiore, a trasferirsi a Roma nel 1936 dove, di lì a poco, inizia a lavorare alla sartoria Zecca. In un attimo, viene raggiunta anche dalle sorelle e se Micol Fontana fa un apprendistato dalla sartoria Battilocchi, Giovanna cuce in casa gli abiti. Nella storia delle Sorelle Fontana ci sono diversi punti di svolta: il primo avviene nel ’43, quando decidono di mettersi in proprio e di aprire una sartoria in via Liguria.
Vi voglio raccontare la storia di una cara amica, avvocata come me che si occupa da tempo di temi legati alla tutela dei diritti delle donne e dei soggetti fragili. Si chiama Francesca, il nome non è di fantasia, anzi vorrei rimanesse scolpito nelle vostre memorie. Francesca, oltre a difendere molte donne nelle separazioni, nei giudizi riguardanti i figli e nelle vicende legate al Tribunale per i Minorenni, è impegnata quale vicepresidente del Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Milano a portare avanti le istanze delle colleghe e dei colleghi nella lotta in ogni fattispecie in cui si evidenzino fattori di rischio discriminatorio.