L’Europa riunita al capezzale dell’occupazione, cerca un piano per creare posti di lavoro per giovani e donne. Le riforme dell’accesso al mercato del lavoro sono una strada? Una coppia di grafici dell’Ilo mette in dubbio una ricetta corrente: che abbassare la qualità serva ad aumentare la quantità di lavoro.
L’effetto-crisi sui differenziali di genere non è uguale per tutti. Se si guarda alle retribuzioni, l’Italia va controcorrente: mentre in tutt’Europa il gap salariale di genere è sceso, da noi è aumentato. Per l’arrivo di nuove occupate che guadagnano poco, e la precarizzazione delle giovani donne più istruite.
Per cambiare la cultura occorre agire su una combinazione di fattori. Ma nella discussione politica non se ne vede traccia.
La crisi allarga la forbice delle disuguaglianze. Lo rileva l’Ilo (International Labour Office) nel suo “Global Employment Trends 2012”, Ma in Italia, le donne ai vertici resistono meglio. Anzi, Manageritalia ha rilevato che dal 2009 al 2011 le dirigenti donna nel nostro paese sono aumentate del 15,4%.
Occorre detassare il lavoro delle donne e un uso più flessibile del part-time sia per gli uomini sia per le donne in modo da riequilibrare i ruoli nella famiglia.
Il grande balzo in avanti delle ragazze laureate è avvenuto in pochi anni. Nel 2010, ha preso la laurea il 26,3% delle donne tra i 25 e i 29 anni, e solo il 17,4% dei coetanei maschi. E il “gender ratio” in questo campo è il più alto d’Europa – stavolta a favore delle donne. Ma il mercato del lavoro non segue.
A cadenze mensili suona l’allarme occupazione, per uomini e donne. Ma per trarre un bilancio occorre uno sguardo un po’ più lungo. Nel comune disastro, il genere che aveva meno ha anche perso meno. Anzi, ha guadagnato qualcosina. Da qui bisogna partire, per trarre tre lezioni su come uscirne
Una donna su due al Sud – e quasi 7 su 10 in Campania – risultano “inattive”. Cioè non lavorano né cercano lavoro. Ma è un quadro credibile? Nuovi dati rivelano quante sono le donne pronte a lavorare, e perché sfuggono alle statistiche. Il quadro del sud Italia non diventa per questo roseo, ma certo più promettente.
Quando si tratta di adottare uno spirito imprenditoriale, sono gli uomini a essere in vantaggio. Nonostante in Europa le donne costituiscano più della metà della popolazione, non sono che un terzo degli imprenditori dell’UE ed è per questo che la Commissione europea si sta concentrando sulle iniziative di impresa, dirette specificamente alle donne.
La distanza tra livelli di partecipazione, forze di lavoro e occupazione femminile tra Il nostro Paese e la locomotiva d’Europa è noto. Ed è noto anche che quella ventina di punti di distacco tra noi e la Germania rischia di aumentare negli anni a venire se si avvereranno le ipotesi fatte circolare ultimamente da diversi centri di ricerca e dalla Bce, che parlano di un aumento del tasso naturale di disoccupazione. Il Sole 24 Ore – leggi su http://24o.it/vgz9h