Il lavoro agile o smart working postula che la prestazione lavorativa possa essere parzialmente svolta all’esterno dell’azienda, valorizzando l’elemento della flessibilità organizzativa e rendendo gli obiettivi da raggiungere “personalizzabili”. Per questo ad oggi sono sempre più numerose le aziende che adottano tale strumento – e più in generale politiche di flessibilità oraria e di welfare – favorendo in tal modo la conciliazione vita lavoro per donne e uomini che lavorano in realtà professionali sempre più articolate e in contesti urbani ad alta complessità.
E’ in maggioranza un uomo, ha tra i 38 e i 58 anni, risiede nel nord ovest del Paese ed è più soddisfatto delle modalità con cui può organizzare la propria attività rispetto alla media degli altri lavoratori per motivazioni che vanno dal miglioramento dell’equilibrio tra vita privata e professionale all’aumento della qualità dei risultati prodotti, dell’efficienza e della motivazione. Ecco la figura tipo dello smart worker che emerge dalla ricerca dell’Osservatorio smart working della School of management del Politecnico di Milano, presentata ieri nell’ambito del convegno “Smart working: una rivoluzione da non fermare”.
Ikea torna a far discutere in Italia, con un nuovo spot per il web: stavolta l’occasione è la “Giornata mondiale contro l’omofobia”, che si è celebrata ieri con molte manifestazion ied iniziative delle associazioni per i diritti Lgbtq. Per il colosso svedese, un video che riprende una delle frasi che spesso vengono rivolte come insulto alle coppie omnosessuali che si baciano in pubblico: “Fatel oa casa vostra!”. E per Ikea, in effetti, la casa è importante.
Gay e lesbiche vanno a lavorare ogni giorno ma le aziende sembrano farci poca attenzione e solo in casi isolati l’orientamento sessuale e l’identità di genere sono considerati da chi sviluppa le politiche di gestione del personale. Diritti e benefici vengono così amputati. La rivoluzione nella tutela di gay e lesbiche anche nel mondo del lavoro si fonda sulla Legge 76/2016 che ha introdotto nel nostro ordinamento l’istituto dell’unione civile tra persone dello stesso sesso e disciplina le convivenze di fatto di persone dello stesso sesso o di sesso diverso. Sono infatti numerose sono le disposizioni di legge e di contratto collettivo che riconoscono diritti e tutele ai lavoratori in relazione al loro stato civile o a certe esigenze connesse alla situazione familiare.
Nove mesi di gravidanza, 11 ecografie, sette prelievi. Del bambino si sapeva (quasi) tutto. Della mia salute fisica anche. Eppure delle mie emozioni, di quello che provavo, della mia salute mentale non si (pre)occupava nessuno. Poi è nato mio figlio: altre misure, altre visite: «Molto bene, signora, il piccolo misura 57cm e ha preso 250 grammi in 7 giorni. Lei lo allatta?». E ancora, nessuno mi chiedeva: «E lei mamma, come sta? Come si sente?». Ho provato allora a dire a famigliari, amici e conoscenti, a volte pure alla vicina: «Il bambino sta bene, cresce, però, sai, a volte è dura. Non è tutto rosa e fiori come me lo aspettavo».
Differenza di genere, uguaglianza di prospettive (di Filippo Montesi, Secondo Welfare, 8 marzo 2018)
La giornata internazionale delle donne mantiene, al di là della consuetudine sociale, una rilevanza politica e culturale da proteggere e promuovere nelle nostre istituzioni. Nata per richiedere il diritto di voto femminile e diffusasi dagli Stati Uniti nel mondo attraverso la rete dei partiti socialisti del primo Novecento, questa ricorrenza assume ancora oggi, una valenza profondamente politica, radicandosi in valori di giustizia, uguaglianza e libertà, contro l’offuscamento della memoria e delle identità collettive.
Il Consiglio dei ministri spagnolo ha approvato un decreto legge per l’ampliamento del permesso di paternità in maniera progressiva fino a 16 settimane (sei delle quali obbligatorie), al 100% dello stipendio, per equipararlo con quello di maternità e favorire così la corresponsabilità genitoriale. La misura è stata annunciata dalla vicepremier e ministra all’uguaglianza, Carmen Calvo, nella conferenza stampa successiva alla riunione del governo.
Lo chiamano welfare aziendale ed è quell’insieme di buone prassi volte ad aumentare il benessere del lavoratore (e del suo nucleo familiare) attrverso piccoli grandi aggiustamenti inseriti nel contratto di secondo livello. Come dimostra l’integrativo siglato di recente in Ducati Motor, la negoziazione metalmeccanica da queste parti fa rima con eccellenza. Un mix di flessibilità e maggiorazioni economiche che migliorano la vita. A Bologna eprovincia la lista delle aziende virtuose, intendendo per virtù l’esistenza di relazioni col sindacato improntate sulla condivisione degli obiettivi, si fa anno dopo anno più lunga.
Non è solo una questione di welfare. L’indagine dell’Ispettorato interregionale del lavoro di Friuli, Emilia Romagna, Veneto e Marche che richiama l’attenzione sull’aumento dell’uscita dal lavoro delle donne per occuparsi dei figli e di altri carichi ci pone davanti ad una situazione allarmante: 3.600 donne in Emilia Romagna nel 2016. Quasi impossibile pensare che nell’epoca della rivoluzione digitale, dell’internet delle cose, dei big data, siamo ancora alle prese con l’impossibilità di riconoscere il ruolo della donna come parte fondante della società lavorativa. Questa ricerca fa emergere in modo netto le conseguenze delle sfide globali, tra le altre, l’invecchiamento della popolazione e l’abbassamento del tasso di natalità.
Secondo un’indagine di Uecoop, su dati Ipsos, ben sei lavoratori su dieci (59%) mettono al primo posto nella classifica dei benefit aziendali preferiti quelli legati alle spese familiari, dall’asilo dei figli all’assistenza degli anziani. Per l’Unione europea delle cooperative il welfare privato “sta diventando sempre più complementare rispetto a quello pubblico per rispondere a una crescente richiesta di servizi e assistenza soprattutto da parte di chi lavora e non ha possibilità di sfruttare reti familiari di sostegno a cui affidare i figli nelle ore di assenza fuori casa”.