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Gender Community

Promuovere le diversità, Chiesi Group premiato dal Financial Times (La Repubblica, 21 novembre 2019)

By Diversity Management

Chiesi Farmaceutici, gruppo farmaceutico internazionale, ha ricevuto Diversity Leaders Award 2020 rientrando tra le prime 70 aziende europee (68a posizione) su un campione di 700 prese in esame. Tra le 300 aziende italiane esaminate nell’indagine, il Gruppo si è posizionato primo sulle 8 rientrate nel ranking. Lo ha reso noto il Financial Times, promotore del premio. L’obiettivo del riconoscimento è identificare e valorizzare le aziende leader in termini di politiche e azioni volte a sensibilizzare sul concetto di Diversità come valore imprescindibile. 

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Le manager di valore D a scuola di digitale (di Cristina Casadei, Il Sole 24 Ore, 30 ottobre 2019)

By Diversity Management

A ognuno la sua valigetta. Giulia Airaghi, per esempio, ha sempre con sé quella dei Lego. Ce lo aspetteremmo facilmente se facesse la maestra d’asilo. E invece no, fa la consulente in Boston consulting group, dove si occupa, in particolare, dell’implementazione della metodologia Agile che contempla un nuovo modo di lavorare, «focalizzato, innanzitutto sui risultati e su ruoli molto chiari. Qualche esempio. Il product owner che rappresenta il consumatore e prende decisioni sul prodotto, l’agile coach o scrum master che facilita il processo agile e infine il development team che si autoorganizza per completare il lavoro», dice. È con la sua valigetta di Lego che Airaghi prova a trasferire a 40 middle manager di Valore D il senso della metodologia Agile, nell’ambito di una masterclass della digital academy che è stata realizzata con Boston consulting group, creando team per la costruzione di modellini in scala di versi oggetti. 

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Quote di genere, aritmetica permettendo (di Marco Ventoruzzo, lavoce.info, 14 gennaio 2020)

By Gestione e valorizzazione della risorsa femminile in azienda

La legge Golfo-Mosca, nel 2011, introdusse le quote di genere, prevedendo l’obbligo che almeno un terzo dei consiglieri di amministrazione e dei sindaci delle società quotate appartenessero al genere meno rappresentato (leggi, ovviamente, donne). La legge aveva una “data di scadenza” (le chiamano “sunset clauses”): originariamente l’obbligo avrebbe dovuto sussistere solo per tre mandati, ossia, essenzialmente, nove anni. L’idea era che ciò fosse sufficiente per infrangere il “soffitto di vetro”, radicare una cultura più aperta e inclusiva e consentire lo sviluppo e la valorizzazione di adeguate professionalità. Dopo quel termine, ossia a partire all’incirca dal 2020, si riteneva che l’autodisciplina e le buone prassi sarebbero state sufficienti. Nella legge di bilancio 2020, tuttavia, il legislatore ha voluto estendere l’obbligo per ben sei ulteriori mandati (potenzialmente, 18 anni) e, soprattutto, aumentare la quota riservata al genere meno rappresentato da un terzo a due quinti degli organi di amministrazione e controllo.

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La carta delle donne in banca per valorizzare la parità di genere (di Stefania Bariatti,19 settembre 2019)

By Gestione e valorizzazione della risorsa femminile in azienda

Due mesi fa il comitato esecutivo dell’Abi ha approvato la Carta delle donne in banca, che mira a valorizzare la parità di trattamento e di opportunità tra i generi nel settore bancario, all’interno delle organizzazioni aziendali, riconoscendo la diversità di genere quale risorsa chiave per lo sviluppo, la crescita sostenibile e la creazione di valore in tutte le aziende. Il ruolo delle donne nel mondo bancario è in continua evoluzione, come è attestato dal continuo aumento del personale femminile, che rappresenta, ormai, quasi la metà dei dipendenti del settore finanziario (45,9%). Il dato complessivo, però, in parte inganna: nelle posizioni di vertice non si arriva al 25% nel settore pubblico e al 20% nel settore privato. Molto spesso le donne si occupano di risorse umane di segretariato o di gestione amministrativa, e quando hanno contatto diretto con la clientela, le loro responsabilità diminuiscono con l’aumentare del valore del cliente per l’istituto. Le ricerche mostrano che, in generale, la percentuale delle donne si riduce con l’aumentare del livello di qualificazione, prestigio e salario.

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Lavoro flessibile contro le disuguaglianze (di Paola Profeta, Il Sole 24 Ore, 22 luglio 2019)

By Occupazione femminile e condizioni di lavoro

Secondo l’ultimo rapporto dell’Ispettorato nazionale del lavoro, oltre 30mila madri lavoratrici hanno lasciato il lavoro nell’ultimo anno, spesso in modo definitivo. Di queste, la metà dichiara di averlo fatto per ragioni riconducibili all’incompatibilità tra il lavoro e la cura dei figli, quali gli elevati costi di cura, il mancato posto all’asilo nido, l’assenza di familiari di supporto. Per più di una donna su tre la decisione è stata determinata dalla mancanza di flessibilità degli orari e delle condizioni di lavoro. La flessibilità è una delle principali richieste delle madri lavoratrici. Non è una novità: dalle madri lavoratrici viene spesso la richiesta di part-time. Non sempre però il part-time è possibile e non sempre è la soluzione ideale, poiché implica minore salario e minori possibilità di carriera. Questi rischi sono noti, eppure la domanda di flessibilità resta elevata.

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Prevenire il femminicidio intervenendo in tempo (di Moira Fusco, inGenere, 17 dicembre 2019)

By Contrasto alla discriminazione e alla violenza

Alle donne non si crede mai. Nella maggior parte dei casi, l’uomo violento appare affabile, integrato, una persona “tranquilla”, chi può credere che all’interno della sua famiglia possa agire violenze tanto acute? E, nel caso la cosa sia indubitabile, di certo saranno stati i comportamenti della sua compagna a rendere inevitabile il ricorso alla violenza. I reati di maltrattamento in famiglia sono complessi, avvengono nella sfera delle relazioni affettive e spesso sono caratterizzati da un’iniziale mancanza di disponibilità della donna di procedere contro il partner o l’ex partner, per una serie di dinamiche proprie del ciclo della violenza, come la dispercezione del sé che deriva dai maltrattamenti. Nelle aule dei tribunali, dove mi sono ritrovata a testimoniare in favore delle donne, inizialmente mi stupiva l’atteggiamento di molte, che non erano animate da sentimenti di rancore nei confronti del loro carnefice, ma dal desiderio di ricostruirsi un’esistenza libera.

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Asili nido gratis per tutti con 800 milioni, ma 4 bambini su 5 sono senza posto (di Michela Finizio; Valentina Melis, Il Sole 24 Ore, 30 settembre 2019)

By Maternità e Paternità

Basterebbero 800 milioni di euro per dare un anno di asilo nido gratis a tutti i bambini che trovano posto nelle strutture pubbliche e private esistenti in Italia. Un budget che risulta non molto superiore a quello già stanziato per i prossimi anni tra bonus nido (330 milioni dal 2020) e bonus bebé (240 milioni per il 2020, poi la misura andrebbe rifinanziata). Ma che andrebbe a sostenere solo il 21,7% delle famiglie: c’è posto solo per un bambino su cinque negli asili nido privati e pubblici (esclusi i servizi integrativi) oggi attivi in Italia, seppur con grandi differenze sul territorio. La stima del Sole 24 Ore sulla copertura finanziaria necessaria per la misura “asili nido gratis”, annunciata nell’ultimo discorso di insediamento del presidente del Consiglio Giuseppe Conte è il risultato di una somma: da un lato c’è la spesa annuale pagata dalle famiglie degli iscritti nei nidi comunali e convenzionati, che vale 276 milioni di euro (dato Istat 2016/2017); dall’altra c’è la proiezione della retta media (300 euro, secondo Cittadinanzattiva) sul totale dei posti disponibili nei nidi privati, altri 460 milioni. Così, con poco meno di 800 milioni, si potrebbe garantire l’accesso gratuito a tutti senza limitazioni reddituali.

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Sostegno alla famiglia: la Legge di Bilancio rinnova i bonus ma rimanda l’assegno unico (di di Elena Barazzetta, Percorsi di Secondo Welfare, 15 gennaio 2020)

By Maternità e Paternità

La Legge di Bilancio 2020 sul fronte dei bonus alle famiglie conferma la linea degli anni precedenti. I 600 milioni di euro stanziati, salvo qualche piccola novità, verranno utilizzati per rinnovare i vari bonus già esistenti nel 2019. Sembra dunque che bisognerà aspettare il 2021 per l’introduzione dell’assegno unico di cui si è tanto discusso negli ultimi mesi e che accorperà in un unico contributo tutte le misure frammentate e una tantum attualmente attive. Di seguito l’elenco delle misure che, come detto, contano qualche novità rispetto allo scorso anno. Diversi bonus sono stati confermati e, in alcuni casi, potenziati.

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Trovare lavoro per uscire dalla violenza (di Elena Paparelli, inGenere, 20 novembre 2019)

By Contrasto alla discriminazione e alla violenza

Lavorare sul reinserimento lavorativo delle donne vittime di violenza è un intervento globale che punta a evitare che un vissuto di temporaneo disagio si traduca in un vero e proprio “svantaggio sociale”. Uno sportello lavoro presente all’interno di un centro antiviolenza – che in genere opera in stretta connessione con l’area psicologica – ha perciò un compito complesso: aiutare le donne a riconnettersi con il contesto sociale di riferimento, ritrovare fiducia in relazioni interpersonali e socio-lavorative sane e avviare una ricerca del lavoro mirata. Tutto questo, anche attraverso il supporto e la selezione delle offerte di inserimento messe a disposizione dalle operatrici.

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Il ritardo insostenibile dei fondi antiviolenza (inGenere, 25 novembre 2019)

By Contrasto alla discriminazione e alla violenza

Che ne è stato dei fondi statali stanziati dai decreti di ripartizione antiviolenza emanati tra il 2016 e il 2018? A distanza di tre anni dall’emanazione del primo decreto, i fondi – in tutto 17,5 milioni di euro per il periodo 2015-2016, 12,7 milioni per il 2017, 20 milioni per il 2018 – non sono ancora stati totalmente liquidati dalle Regioni, e continuano ad arrivare con forte ritardo, nonostante per legge avrebbero dovuto essere utilizzati entro l’esercizio di bilancio del 2018. A confermarlo è Actionaid, che ha preso in esame i dati e gli atti regionali riguardanti la liquidazione dei fondi stanziati in base alla legge 119/2013, la cosiddetta legge sul femminicidio. Il monitoraggio, aggiornato al 1° ottobre 2019, ha rilevato che la percentuale di risorse liquidate dalle Regioni agli enti gestori di case rifugio e centri antiviolenza è salita al 63% (dal 25,9% registrato nel 2018) per i fondi relativi al 2015-2016, al 42% (dal 17% del 2018) per quelli destinati al 2017, e che è praticamente nulla per i fondi destinati al 2018.

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